La “Questione Morale”

Una delle tematiche portate avanti da Enrico Berlinguer dall’inizio degli anni 80 fu quello della “Questione Morale”.

Con questa locuzione il segretario del PCI voleva rendere di pubblico dominio un problema latente che caratterizzava (e caratterizza tuttora) l’ordinamento repubblicano, ossia “l’occupazione delle istituzioni da parte dei partiti”. Fin dalla costituzione della Repubblica, infatti, complice la stessa modalità con cui la Repubblica Italiana è nata, ideata attraverso un delicato gioco di equilibri tra i partiti dell’Arco Costituzionale, le istituzioni e gli organismi dello Stato hanno dovuto subire il soverchiante potere dei partiti politici, che lungo i successivi 50 anni li hanno più volte utilizzati e strumentalizzati per l’elezione a cariche pubbliche.

Così diceva Enrico Berlinguer a Eugenio Scalfari, in un’intervista a Repubblica, nel 1981:

La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. 

La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano. Ecco perché gli altri partiti possono provare d’essere forze di serio rinnovamento soltanto se aggrediscono in pieno la questione morale andando alle sue cause politiche. […] Quel che deve interessare veramente è la sorte del paese. Se si continua in questo modo, in Italia la democrazia rischia di restringersi, non di allargarsi e svilupparsi; rischia di soffocare in una palude.

La Questione Morale e il PCI

Secondo Berlinguer il Partito Comunista Italiano poteva risolvere la “Questione Morale”, in quanto:

1) Il PCI voleva che i partiti cessassero di occupare lo Stato. 

I partiti debbono, come dice la nostra Costituzione, concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo non occupando pezzi sempre più larghi di Stato, sempre più numerosi centri di potere in ogni campo, ma interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l’operato delle istituzioni.

2) Il PCI voleva “combattere e distruggere il privilegio ovunque si annidi”, in modo da difendere i poveri e gli emarginati, gli svantaggiati, voleva che la professionalità e il merito andassero premiati, che la partecipazione di ogni cittadino e di ogni cittadina alla cosa pubblica dovesse essere assicurata.

3) Il PCI voleva discutere in qual modo superare il capitalismo “inteso come meccanismo, come sistema, giacché esso, oggi, sta creando masse crescenti di disoccupati, di emarginati, di sfruttati.”

La Questione Morale dopo Berlinguer

La “Questione Morale”, esempio concreto della modalità dell’esecuzione del potere durante gli anni della cosiddetta “Prima Repubblica”, che vanno dal 1948 al 1994, non è stata mai affrontata direttamente dai partiti politici, ma è stata in qualche modo più volte approcciata indirettamente durante la presidenza di Carlo Azeglio Ciampi, che, durante il suo settennato, ha determinato un distanziamento dai partiti dell’Istituzione garante dell’intero sistema costituzionale, ossia il Presidente della Repubblica, e ha iniziato un percorso volto alla determinazione dell’identità dello Stato separato da quello dei partiti, aiutato anche dal momento di debolezza degli stessi, che a seguito di Tangentopoli hanno visto diminuire consistentemente la propria sfera d’influenza sulla società civile italiana.